GERARDO MELE

Gerardo Mele, danzatore e attore, con la compagnia “Les fusains ” (Parigi) diretta da Pierre Byland, del quale è¨assistente e coautore in “Solo Sei” (2002), “Cadavre Exquis” (2007) e “Masterklass” (2011).
Dal 1990 pratica la “danza sensibile” con C.Coldy iniziando un percorso personale di ricerca: il corpo sensibile. Performer con la compagnia Stalker Teatro di Torino.
Si è formato anche con: M . Schnitker, A.Sagna, D. Crema, P . Sasaki, R. de Koning ed altri.

Una ricerca emotiva per ritrovare
la nostra ingenuità, la nostra infanzia.

Gerardo Mele è diventato assistente nei miei stages , e poi membro della mia compagnia.
La nostra amicizia ha favorito una complicità nel teatro e nella vita . Il suo senso per la pedagogia , così come la sua presenza di attore ha fatto di lui un compagno insostituibile nella ricerca che ci lega : la ricerca del proprio Clown.
La sua curiosità e la sua motivazione in questa ricerca , pedagogica e teatrale , ci ha fatto scoprire nuovi aspetti di ” Homo Stupidens “, di cui egli è, spontaneamente e in modo naturale , un rappresentante per eccellenza .

Pierre Byland 

Una ricerca emotiva per ritrovare
la nostra ingenuità, la nostra infanzia.

L’immagine del clown è sempre stata legata al mondo del circo e dunque confinata nella sfera dell’animazione e dell’intratte nimento. Negli ultimi decenni, tuttavia, questa figura è radicalmente cambiata grazie a un grande maestro, Pierre Byland, che l’ha portata in teatro e ne ha fatto l’elemento centrale del proprio lavoro creativo.
Gerardo Mele, allievo e collaboratore di Byland, ci parla qui del nuovo clown e del percorso di trasformazione interiore richiesto a tutti coloro che si dedicano a questa forma d’arte. Perché essere clown significa tornare alle origini e recuperare la capacità di stupirsi di fronte alla realtà, ritrovando dentro di sé gli aspetti ridicoli e naïf senza preoccuparsi per la propria reputazione.
Significa, in altre parole, riappropriarsi dello sguardo di un bambino che scopre il mondo.

Il vero desiderio del nuovo clown è semplicemente essere, ritornare al punto zero, cioè all’Homo stupidens, che non si preoccupa né del passato né del futuro, ma vive esclusivamente nel presente. Soltanto così si apre lo spazio vuoto della creazione, dove la mente è capace di grande amore ed è veramente libera.
Questo libro, arricchito da una prefazione di Pierre Byland e Mareike Schnitker e da un’intervista di Grazia Roncaglia a Pierre Byland, è un piccolo viaggio all’interno del mondo del clown teatrale sul filo di una ricerca non solo artistica, ma anche interiore, umana e spirituale.

Cadavre Exquis

Spettacolo teatrale

Masterklass

Spettacolo Teatrale

Un’intervista a Gerardo Mele di Chiara Lombardo

Tra le tante parole scritte, tra le parole che compongono le risposte di Gerardo Mele nell’intervista, queste restano particolarmente impresse.
In corsivo, virgolettate, lasciate lì, tra una domanda e l’altra; sono parole di Pierre Byland (attore e pedagogo annoverato tra i padri dell’immagine del clown teatrale), parole che parlano proprio di Gerardo.
Lui le riporta, ce le regala, e a noi non resta che trattarle con la cura che si riserva alle cose speciali.
Le abbiamo messe all’inizio e immaginate di ascoltare qualcuno che parla con il cuore.

Partendo dal presupposto che Byland e Lecoq sostengono che ogni persona abbia un proprio clown da cercare, accettare e rivendicare, ci parli della tua ricerca artistica e ci spieghi meglio in cosa consiste la ricerca del proprio clown? Chi sono i modelli e che cosa, o chi, ti ha ispirato?

Sicuramente Pierre Byland, ha segnato più di tutti la mia vita artistica e personale, e rimane il mio riferimento. La ricerca del proprio clown, secondo la pedagogia Lecoq-Byland è il percorso più completo che ho fatto, dall’insegnamento agli spettacoli. E’ un cercare che si fonda sull’individuare lo stato d’animo che permette di ritrovare la nostra ingenuità, la nostra infanzia, spesso rompendo schemi educativi e culturali, accettando di essere deriso o perdente, ma felice. Un vero antieroe sempre positivo. In altre parole è una ricerca emotiva, mai psicologica, che libera le capacità espressive dell’uomo; non dell’attore.
Sebbene sia una ricerca intima e personale, il clown non lo fa per sé, anzi, non dimentica mai il pubblico e non dimentica mai che è nella finzione.

La tua formazione. Il tuo percorso per arrivare a oggi. Hai voglia di condividerlo con noi?

Ho cominciato come danzatore dal 1976, ma la curiosità verso il corpo e le sue possibilità, anche di relazione con altri livelli del nostro essere, mi ha spinto a studiare la medicina cinese 1989, e dall’incontro con C. Coldy nel 1990 nasce la danza sensibile, che apre un vero e proprio percorso di assoluta ricerca, anche senza risultati artistici, ma di assoluta crescita e consapevolezza. Attività che non ho mai interrotto. Nel 2000 dall’incontro con Pierre Byland arriva una crescita artistica inaspettata: assistente nei suoi workshop e nel 2002 la prima produzione insieme, Solo Sei (al piccolo regio di Torino).
Nel 2007 Cadavre Exquis, un gioco dadaista molto apprezzato in Italia e all’estero; nel 2011 Masterklass, trentaquattro repliche a Parigi per fare il punto sul nuovo clown con artisti di varie nazionalità e nell’ambito del festival Le clown fait le Byland a lui intitolato.
Otto anni circa con la compagnia Stalker Teatro di Torino hanno influito non poco nella mia formazione per gli aspetti umani e la relazione con la diversità e il disagio. Progetti importanti come in Palestina o nel carcere di Torino e molti altri, senza tralasciare il valore artistico.

Ci dai la tua definizione di clown spiegandoci anche che cosa si attiva nelle fasi di workshop? Chi può prendervi parte?

Il clown è uno stato d’animo (in francese: “état d’esprit”, che rende ancora meglio l’idea). Nei miei workshop come in quelli di P.Byland l’improvvisazione, sempre con regole chiare, è un momento magico, dove prima o poi hai degli attimi di verità straordinari, e vedi la persona, e non l’attore che recita, in questa autenticità c’è il proprio clown e la ricerca che ne consegue attorno all’uomo, alla sua ingenuità e l’incertezza che lo rendono ridicolo. Spesso è tragico ma la missione del Clown Sensibile non è far ridere. Fa ridere suo malgrado.
Nei miei workshop si comincia sempre con una piccola meditazione per poter creare un ritmo comune ed una sorta di effetto branco, molto utile per accordare il corpo come uno strumento musicale e prepararlo alla disponibilità alla relazione e all’ascolto, in modo semplice generando molto spesso una solidarietà fra gli attori che diventa vitale per l’improvvisazione. Tutto ciò per sviluppare la presenza e viverla direttamente, e niente può aiutare di più l’attore come l’improvvisazione, dove il vuoto diventa un vero e proprio motore per generare. I workshop sono aperti a tutti le sole limitazioni sono l’età troppo giovane oppure una motivazione flebile.
Per un attore non è facile accettare di essere stupido, e per questo ha l’alibi del personaggio che è stupido e non lui, e invece no è lui che è stupido e compie azioni stupide. Nell’improvvisazione si attraversa la stupidità apparentemente banale per incontrare l’intelligenza emotiva utile alla nostra crescita generale e il naso rosso, la più piccola maschera esistente, resta uno strumento pedagogico importante, ma non uno strumento di scena.

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